Diagnosi e presa in carico per disturbi e patologie in età evolutiva: disturbi del linguaggio, dell’apprendimento, dell’attenzione, del comportamento, di tipo emotivo-relazionale, alimentari, di carattere neurologico.
Nella mia professione vengo considerato un promotore di cambiamento. Coloro che incontro sono sempre in una fase di crisi, un momento in cui tutte le strategie che fino a quel momento sembravano poter rispondere ai quesiti della vita ora non funzionano più. Qualcosa è intervenuto nella loro vita e ha spostato, anche di poco, i pesi che la tenevano in equilibrio, qualunque esso fosse. E così chiedono aiuto. Non chiedono di cambiare, chiedono di stare meglio, come se le due cose fossero indipendenti l’una dall’altra, perchè l’idea di cambiare, spaventa tutti. Ora sono fermo su una zattera che oscilla in un mare in tempesta, ma è la mia zattera, la conosco, so che effetto mi fanno i nodi del legno sotto le dita, mi danno sicurezza. Ciò che conosco mi dà sicurezza anche se mi fa stare male. E’ il paradosso di “aiutami a cambiare senza che cambi nulla”.
Uno psicoterapeuta non cambia il proprio paziente, né lo spinge al cambiamento. Gli si siede accanto e con pazienza ne coglie i sottili movimenti che lo conducono verso strade nuove rinforzandoli e sostenendoli. Nel tempo ho capito che i timori del cambiamento potevano essere descritti attraverso due metaofre: quella del bruco e la farfalla e quella dell’omino di cera. La prima è la fantasia che accompagna la maggior parte delle persone sostenuta da frasi roboanti come “ciò che per il bruco è la fine del mondo per il resto del mondo è una magnifica farfalla”. Questa visione è basata sull’idea che dopo un periodo di elaborazione e di buio ci ritroveremo di colpo qualcosa di diverso che contiene ancora il bruco ma è completamente differente. Fantastico. Ma, dice il paziente ammirando la farfalla alla fine del percorso, a me il bruco in fondo piace. Non potrò più zampettare sui rami e rosicchiare le foglie. Chi dice che la farfalla faccia una vita migliore? Di nuovo ciò che è conosciuto è più tranquillizzante dello sfolgorante futuro e si percepisce il timore della perdita di questa parte di sé così familiare che ci ha sostenuto nei momenti migliori e peggiori della nostra vita.
Il secondo timore è l’omino di cera. Mi vedo come una massa di cera che alla fine del percorso di cambiamento diventerà un omino ben formato, che ho plasmato con cura, con tutte quella qualità che desideravo, Ma se arrivasse un colpo di calore? Se cioè una volta superate le mie ansie e le mie angosce esse dovessero tornare alla prima difficoltà. Se non fossi riuscito a modellare qualcosa in grado di essere permanente?
Lavorando molto con le immagini, ho ragionato a lungo su una metafora che potesse essere di aiuto a chi affronta il cambiamento e che fosse allo stesso tempo un riflesso della mia convinzione di cosa il cambiamento sia per me. È nata così la metafora dei due alberi. Nel corso della nostra vita cresce un albero in noi. Esso con i suoi rami e le sue radici rappresenta il nucleo intorno a cui strutturiamo le nostre difese psichiche e da cui hanno origine le nostre risorse. Ogni volta che affrontiamo situazioni che ci procurano stress, ansie, angosce, ci appoggiamo al nostro albero che continua a crescere e ad intrecciare i suoi rami avvolgendoci in una rassicurante fortezza che ad un certo punto non può più evolvere. La corteccia si indurisce, i rami sono così intrecciati da non poter prendere nuove direzioni. Tutto è bloccato, ma protettivo e rassicurante…finchè funziona. In questo contesto il cambiamento non consente di trasformare l’albero, ma si verifica consentendo la nascita di un nuovo germoglio di fianco al vecchio tronco. Esso rappresenta le nuove modalità di approccio alle difficoltà che la persona sta iniziando a utilizzare. Il vecchio albero non scompare e non si trasforma. E’ lì ed è normale che quando le intemperie della vita saranno troppo intense la persona vi farà ricorso mentre il germoglio cresce. Più il nuovo albero sarà forte e maggiormente verrà utilizzato finchè l’individuo potrà scegliere di lasciare il vecchio trono dietro di sé anche se potrà sempre sentire il sussurro delle sue foglie al vento. Per quanto possiamo evolvere le nostre vecchie strutture non scompaiono, le nostre vecchie abitudini ci sussurrano da lontano, ma se il nuovo albero è forte non abbiamo più bisogno di ricorrere a loro.